Difficoltà relazionali
Come superare le difficoltà relazionali?
Le difficoltà relazionali rappresentano un ambito di problemi molto ampio, diffuso e variegato, e di solito si fondano su due aspetti fondamentali:
- la fatica a comprendere profondamente le proprie esigenze e quelle degli altri, magari perché influenzati da relazioni passate poco funzionali
- la scarsa capacità di comunicare in modo chiaro, diretto, costruttivo e rispettoso delle proprie esigenze e di quelle dell’altro.
Le difficoltà relazionali: dove nascono?
Noi impariamo chi siamo, come è fatto il mondo e come relazionarci agli altri soprattutto nella nostra famiglia di origine e poi, principalmente nell’infanzia e adolescenza, con altre persone significative.
Questi apprendimenti di solito diventano impliciti e rappresentano un filtro attraverso cui guardiamo a noi stessi e all’esterno senza esserne consapevoli. Quando incontriamo un’altra persona anche questa persona possiede i propri filtri impliciti costruiti nella sua famiglia di origine e nei suoi primi anni di vita.
E’ possibile quindi che io e l’altro, guardando alla stessa cosa o esperienza, utilizziamo due filtri e due punti di vista diversi, e vediamo quindi qualcosa di diverso, ma, considerando il nostro punto di vista come l’unico possibile non riusciamo a capirci. Per questo diventa fondamentale, come approfondiremo più avanti, poter comunicare in modo sia aperto e curioso, che chiaro e costruttivo.
L’impostazione teorica e l’esperienza clinica propria dell’E.M.D.R. (una moderna tecnica di psicoterapia basata sulla desensibilizzazione ed integrazione di esperienze stressanti o traumatiche) ci aiuta a capire meglio alcune situazioni in cui i nostri filtri inconsapevoli possono distorcere particolarmente l’esperienza che facciamo della realtà.
Quando infatti , soprattutto da piccoli, viviamo esperienze stressanti che suscitano forti emozioni, queste esperienze vengono immagazzinate in modo disfunzionale e possono essere facilmente riattivate da situazioni anche solo parzialmente simili.
Per esempio, se a casa mio papà alzava la voce (e magari anche le mani) quando si arrabbiava, è possibile che da piccolo io in alcune occasioni mi sia molto spaventato e che ancora oggi, quando il mio capoufficio mi riprende per un problema sul lavoro alzando anche solo leggermente la voce, questo banale richiamo riattivi in me un’angoscia enorme e sproporzionate, che magari neanche io so bene spiegarmi, ma che a ben vedere è costituita dalla riattivazione (spesso inconsapevole) di antichi ricordi angoscianti.
Oppure, se, per esempio, da piccolo i miei genitori erano molto presi da aspetti concreti (il lavoro, questioni economiche, gestire la casa) e non riuscivano a prestare altrettanta attenzione ai miei bisogni emotivi, è possibile che io abbia vissuto una o più esperienze in cui ho imparato che “i miei bisogni non sono importanti”.
A partire da questi presupposti, è facile che io abbia costruito nella mia vita relazioni in cui i bisogni degli altri vengono prima dei miei, ma anche che in alcuni episodi, apparentemente di poco conto, in cui qualcuno, per esempio il mio partner, mette davanti i suoi desideri rispetto ai miei, io senta riattivarsi in me una profonda tristezza che magari mi sorprende per la sua intensità rispetto alla scarsa importanza dell’episodio che l’ha scatenata, perché in realtà si ricollega profondamente a tante altre esperienze della mia vita in cui non mi sono sentito abbastanza considerato.
Le difficoltà relazionali: come si sviluppano?
E’ frequente quindi non avere così chiari quali sono i propri bisogni e aspettative più profonde e perché sono proprio quelli. Inoltre, anche quando c’è una certa consapevolezza, può riuscire comunque molto difficile comunicarli apertamente all’altro.
Spesso però c’è la pretesa irrealistica che l’altro intuisca e soddisfi comunque queste esigenze e quando ciò non avviene si genera grande frustrazione.
A molte persone viene più naturale concentrarsi su ciò che l’altro potrebbe o dovrebbe fare per noi che su ciò che noi possiamo fare per l’altro.
Per poter avere relazioni ricche, intense e pienamente soddisfacenti è necessario però innanzitutto riuscire a comprendere il processo di creazione di significato per l’altro. La prima cosa da fare quindi è sforzarsi di comprendere profondamente cosa è importante per l’altro dal suo punto di vista e permettergli di sentirsi accolto così come lui sente di essere.
A questo punto sarà importante anche poter esprimere chiaramente cosa è importante per noi dal nostro punto di vista, avendo ben chiaro che non esiste un punto di vista migliore o più vero di un altro e che anche in natura abbiamo due occhi perché solo integrando due punti di vista diversi possiamo avere una visione tridimensionale, molto più completa e ricca di informazioni.
Se l’altra persona è arrabbiata con me è perché dal suo punto di vista ha ragione di esserlo e probabilmente perché dal suo punto di vista vede delle cose che io semplicemente non vedo (così come magari lui non riesce a vedere cosa invece ferisce me).
La capacità di comunicare riveste un’importanza fondamentale in questo processo perché il risentimento (il peggior “killer” di qualsiasi rapporto) di solito deriva dal fallimento della capacità di comunicare chiaramente e costruttivamente i nostri bisogni e di chiedere all’altro di spiegarci i suoi.
Le difficoltà relazionali: come superarle?
L’antidoto alle difficoltà relazionali è comunicare meglio, con sé stessi e con gli altri.
Per comunicare meglio con sé stessi è fondamentale innanzitutto capire bene cosa mi genera una certa emozione e, se l’emozione che provo sembra razionalmente spropositata rispetto alla situazione che la genera, a quali altre esperienze passate potrebbe ricollegarsi.
Per comprendere meglio questi collegamenti, e soprattutto per rielaborare ed integrare vissuti passati che influenzano in qualche modo la mia vita presente, può essere di enorme aiuto un percorso di psicoterapia di E.M.D.R., che nel 70% dei casi ha una durata compresa fra i 6 e i 18 mesi e può veramente rivoluzionare la qualità della propria vita.
Per comunicare meglio con gli altri è utile distinguere schematicamente fra tre tipi di comunicazione:
- La comunicazione passiva, in cui do grande importanza ai bisogni degli altri e poco ai miei. Tendenzialmente questo stile di comunicazione è inizialmente ben accetto dagli altri, ma porta la persona a sentirsi sempre più sfruttata e insoddisfatta nelle relazioni sociali, spesso finendo progressivamente a sentirsi sola e isolarsi.
- La comunicazione aggressiva, in cui, all’opposto che nello stile passivo, dò molta importanza ai miei bisogni e quasi nessuna a quelli degli altri. Questo stile di comunicazione può portare inizialmente diversi vantaggi perché nel breve termine spesso mi permette di ottenere ciò che desidero, ma nel medio-lungo termine porta le altre persone ad evitare le relazioni con me o ad avere solo rapporti superficiali e utilitaristici, facendomi sentire in definitiva molto solo.
- La comunicazione assertiva, in cui dò importanza sia ai miei bisogni che a quelli degli altri creando relazioni equilibrate, autentiche e durature. Questo è sicuramente lo stile a cui tendere e che permette nel medio-lungo termine di ottenere un grado di soddisfazione più elevato e una maggiore qualità della vita.
Un buon esempio di come comunicare assertivamente è descrivere una situazione specifica e quale emozione questo suscita in me, a prescindere che questo sia giusto o sbagliato. Per esempio se dico “Sei maleducato quando mi interrompi!” o “Se mi interrompi vuol dire che non ti importa niente di quello che dico!” sono esempi di comunicazione NON assertiva, in cui l’altra persona può ribattere che non è così (“Sei tu maleducata quando dici che…” o “Non è assolutamente vero che non mi importa, anzi…”) e la discussione può potenzialmente procedere all’infinito. Se invece dico in modo assertivo “Quando tu mi interrompi, io mi sento di essere poco importante e ciò mi crea rabbia” questa frase è incontestabile (perché semplicemente descrivo cosa succede dentro di me) e aiuta l’altra persona a comprendere quale significato io attribuisco a quell’evento e quale emozione si crea in me.
Altri 3 aspetti, a mio parere, fondamentali da tener presente nell’ambito della comunicazione sono:
- Come individuato chiaramente da Paul Watzlawich (uno dei maggiori esperti di comunicazione): è impossibile non comunicare, perché anche il silenzio è una forma (spesso ambigua) di comunicazione.
- In base alla famosissima ricerca di Albert Mehrabian la comunicazione si esprime al 55% attraverso aspetti non verbali (in particolare la postura del corpo e la mimica facciale), al 38% attraverso aspetti paraverbali (tono, volume, ritmo della voce, ecc.) e solo il 7% della comunicazione dipende dai contenuti verbali (cosa diciamo). In pratica cosa diciamo conta solo al 7% e conta invece al 93% come lo diciamo!
- Ogni scambio comunicativo comprende sempre due aspetti, uno di contenuto (per esempio “vediamoci sotto casa mia invece che sotto casa tua”) e una di relazione (nell’esempio potrebbe essere “è più importante che sia comodo io, rispetto al fatto che sia comodo tu”): ciò su cui di solito le persone litigano non è l’aspetto esplicito di contenuto (nell’esempio, alla fine può essere relativamente indifferente il luogo dove ci vediamo), ma l’aspetto implicito di relazione (nell’esempio, perché le tue esigenze devono essere più importante delle mie?).
Anche su questi e altri aspetti relativi alla comunicazione, uno o più incontri (individuali o di coppia) con uno psicologo esperto in questo ambito possono aiutare a comprendere meglio come comunicare in modo più efficace e costruttivo.
Le difficoltà relazionali: a chi rivolgersi?
Allo “Studio Kaleidos – Psicologia per il Cambiamento” di Milano ci basiamo su due fondamentali pilastri: la psicoterapia E.M.D.R. per rielaborare e integrare vissuti passati che interferiscono con le esperienze presenti e l’approccio sistemico relazionale per comprendere e migliorare la comunicazione interpersonale.
L’integrazione di questi due approcci costituisce probabilmente il modo attualmente più potente, profondo ed efficace per risolvere e superare definitivamente le difficoltà relazionali.